Tuesday, October 23, 2012

Due espressioni di una comunità per lo sviluppo



         Non Datur actio in distans, recita un detto latino;che vuol dire: tutto è in continuità, sulla linea dello spazio e su quella del tempo. Cosicché fare la storia (separando tratti di tempo) è (quasi) impossibile.


         Perché facciamo queste considerazioni?Perché quest'anno ricorrono 35 anni dell'attività dell'UCSEI  e 25 anni di quella del Centro Culturale Internazionale Giovani XXIII. E' possibile farne la storia? Sarebbe come fare un'operazione chirurgica sospendendo per un certo tempo i battiti del cuore! Cito un altro detto latino: factum nequit fieri infectum: niente si annulla (come nulla si crea): tutto era, è,sarà,sulla linea dell'esistere. Come l'esistere, così la storia non sopporta tagli, stralci, non sopporta che se ne immobilizzi un tratto, per esaminarlo a se stante. Quello che succede, uno lo porta con sé per sempre!


        Naturalmente quella dell'Ucsei e del Centro è una storia modesta; ma l'uno e l'altro esistono, operano da tanto tempo, con qualche risultato. Quale? La "promozione" degli studenti esteri, anzitutto, nel senso di averli sempre segnalati come soggetti del diritto internazionale allo studio, di relazioni e scambi culturali, di soggetti strategici dello sviluppo; e di aver reso consapevoli gli stessi studenti di questa loro condizione e ruolo.


        Questo, in generale , cioè per tutti gli studenti esteri in Italia. Più in particolare, l' Ucsei e il Centro hanno avuto l'opportunità di stabilire rapporti diretti con un buon numero di loro, facendo opera di "formazione", anzitutto riguardo alla loro condizione e ruolo, di cui ho detto.


         L' Ucsei e il Centro ne hanno anche "aiutati" molti, l'UCSEI, n.6060, dal 1979 alla data del 28 febbraio 1995; tra loro 1650 si sono laureati. Nello stesso periodo, il Centro Giovanni XXIII ha ospitato 2500 studenti. Tra loro, certamente più della metà, poi laureati, licenziati, o diplomati. Non sono invece in grado di indicare quanti abbiano poi fatto ritorno in patria, ma credo un buon numero, cioè ben oltre la metà.


        Certamente l'UCSEI ha intrecciato la sua storia con quella degli studenti e viceversa hanno fatto molti di loro. il fatto è esso non è mai stato un agenzia o un ufficio ( nonostante che e abbia il nome); è stato invece una comunità, di cui si entrava e si entra a fare parte.

         Il problema è invece, che da parte delle istituzioni pubbliche (governo,università, amministrazioni locali) gli studenti esteri sono sempre "s c i v o l a t i" in basso e a margine; voglio dire, che al di là del puro fatto amministrativo (iscrizione, concessione del permesso di soggiorno, erogazione borse di studio) mai essi sono stati considerati e valorizzati in quella che noi definiamo la loro identità e il loro ruolo, cioè di soggetti nel senso  che ho indicato più su. Insomma, è mancata (e non c'è mai stata) una "politica culturale" del governo italiano. Quindi, tutto ciò che l'UCSEI ha cercato di fare, è rimasto a lato, come un servizio a parte esaurito in se stesso; e come una realtà e anzi un problema "a parte", sono stati anche gli studenti esteri, da risolvere magari caso per caso, o con disposizioni particolari, volta per volta, anno per anno, gruppo per gruppo.

         E tuttavia si deve rivendicare per l'UCSEI, che esso ha fatto molto per gli studenti esteri in Italia; ciò va detto, per un giusto riconoscimento di quello che gli stessi studenti hanno fatto insieme con l'UCSEI. Si pensi alla rivista Amicizia, che si pubblica  da più di trenta anni, sempre preparata e redatta da un comitato di studenti esteri; alle migliaia di borse di studio che-se pur modeste-sono state certamente d'aiuto ad altrettanti studenti per il proseguimento dei loro studi; e sopratutto a tutta l'attività sociale e culturale svolta sia dall'UCSEI, sia dal Centro Giovanni XXIII, nei loro 35 e 25 anni -rispettivamente-di esistenza; infine, alla promozione formazione propriamente degli stessi studenti.

        Noi speriamo che UCSEI e Centro Giovanni XXIII possano continuare la loro attività. Non gli è mai mancata e non gli mancherà la collaborazione degli stessi studenti, e questo è il unto più importante; come pure è importante a favore degli studenti, una "politica culturale" da parte del governo italiano; lo stesso si dica a riguardo delle varie istituzioni che se ne devono occupare, ciascuna nel suo campo (università, amministrazione locale). E della stessa società italiana, cioè della "gente": a cui bisogna far sapere, prima di tutto, dell'esistenza di questi studenti e del senso positivo della loro presenza in Italia, anche sul piano sociale, oltre che culturale, scientifico e politico.



Don Remigio Musaragno (1995)


tratto dal libro "Studenti Esteri in Italia (1960-2000)- Un Itinerario d'impegno per lo sviluppo e di testimonianza missionaria.

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