Sunday, September 30, 2012

"Domani" di M. Thew' Adjiè



                   Street Child, Srimangal Railway Station, Srimangal, Maulvi Bazar, Bangladesh. © Md. Tanvirul Islam



 Domani


In piedi prima del giorno
in piedi prima di notte
aspetto invano
all'entrata del villaggio
quelli che sono partiti
e mai più ritornati.

Sono partiti un mattino
a raccogliere il caffè
a levare il caucciù
le loro spose sono discese tra i morti
gli occhi gonfi di lacrime
gli orfani sono cresciuti si sono fidanzati

Le loro ragazze non hanno né suoceri
né suocere
i villaggi sono scomparsi
perché i loro abitanti sono senza ritorno.

Uomini, i vostri cuori sono di pietra
siete più temibili della peste
avete preferito l'oro ai miei fratelli.

Notte e giorno
ivano aspetto sulla piana
quelli che sono partiti e mai più ritornati.


M. Thew'  Adjiè


Tratto da: Sguardi incrociati sul colonialismo
                 Le relazioni dell'Europa con L'Africa, l'Asia e L'america Latina.
                 UCSEI 2005






Dopo le dichiarazioni di Cardinal Gantin




                        Dopo le dichiarazioni di Cardinal Gantin (1985)

   Il cardinale Bernardin Gantin, africano del Benin, che in Vaticano è alla guida di uno dei più importanti dicasteri, la S. Congregazione per i vescovi, il 30 maggio, ha fatto un discorso alla conferenza dei vescovi italiani; tra i vari argomenti ha trattato anche quello degli stranieri in Italia, in particolare degli studenti, dichiarando: "Domani saranno dirigenti e guide dei loro Paesi, potranno influire sui costumi e sulle leggi. La loro presenza qui è una responsabilità per tutta la chiesa, non possono essere ignorati dalla Chiesa.."

   Le parole del cardinale vanno prese alla lettera e in questo senso ne segnalo alcune. Ad esempio: "Gli studenti saranno dirigenti e guide dei loro Paesi". Ciò riguarda sopratutto l'Africa. Mi chiedo se le autorità della Chiesa in Italia la pensano come il cardinale, a riguardo (almeno) degli studenti africani. Secondo: "La loro presenza in Italia è una responsabilità per tutta la Chiesa". Mi chiedo : Come si esprime questa responsabilità?

   Può essere che dopo le dichiarazioni del cardinale Gantin anche i vescovi italiani la penseranno come lui e si assumeranno la responsabilità. La chiesa ha un grande autorità morale e quello che essa pensa e fa sarà tenuto in considerazione anche dalle autorità politiche in Italia; finora queste hanno sempre considerato gli stranieri un "problema nazionale" e verso gli studenti non hanno certo avuto la considerazione che invece ha espresso il cardinale Gantin. Altrimenti, i programmi di cooperazione (per l'Africa) che il nostro governo svolge, avrebbero riguardato anche le alcune migliaia di studenti africani nel nostro Paese.

   Senza aver la pretesa di paragonarci all'autorità del cardinale africano, anche noi dell'Ucsei abbiamo segnalato tante volte questi studenti- e gli altri dei Paesi in via di sviluppo- come i "soggetti strategici dello sviluppo". Le nostre affermazioni valgono quanto possiamo valere noi, cioè poco. Ora che esse possono fare riferimento ad una autorità più alta, speriamo che esse vengano prese i più seria considerazione.


Scritto di D. Remigio Musaragno nel anno 1985


Tratto dal libro: "Dalla parte degli studenti esteri . La buona battaglia di Don Remigio Musaragno. Testimonianze per i suoi 80 anni e piccola antologia dei suoi scritti." Anno pubbl. 2006




Thursday, September 27, 2012

I mezzi sono pochi, le potenzialità immense







      Voglio illustrare che cosa è questo Centro. Esso possiede poche ricchezze e mezzi materiali, ma è una grande ricchezza intellettuale e morale. E questa ricchezza sono gli studenti: questi giovani che vengono da tutto il mondo, che qui a Roma svolgono la loro formazione scientifica nelle varie università e istituti, e qui al Centro svolgono la loro formazione culturale e morale. Poi con l'aiuto di Dio, essi tornano nei loro Paesi e saranno di aiuto allo sviluppo integrale della propria gente. Noi infatti li chiamiamo "i soggetti strategici dello sviluppo".   
      
     La nostra responsabilità verso questi soggetti è molto grande: abbiamo infatti il compito di aiutarli a sviluppare le loro energie intellettuali e morali, aiutarli a diventare persone di cultura, che saranno soggetti di Pace, di Collaborazione e di sviluppo dei popoli.
      
     I nostri mezzi sono pochi; ma le nostre potenzialità sono immense. Noi dobbiamo fare il modo che questi studenti le sviluppino fin da ora. Per questo motivo questo Centro è una fucina di attività e di creatività. Riguardo a questo, non è esagerato dire che qui assomma la realtà dei 19 mila studenti di Africa, Asia e America Latina che sono in Italia e che intendono collaborare per la soluzione di tutti i loro problemi. In un spirito costruttivo che li porta, a loro volta, ad apprezzare anche tutto quello che si fa per loro ed a collaborare perché esso si realizzi.
     
     In questo caso, posso segnalare che tutta l'organizzazione di questo Centro, le sue varie attività, sono in mano di questi giovani, che sono i nostri più preziosi collaboratori. E' grazie a loro che noi possiamo realizzare una comunità attiva piena di iniziative, culturali, sociali, religiose. E noi estendiamo questo nostro impegno anche all'estero di questo Centro, sensibilizzando la società italiana, civile e religiosa, ai problemi dello sviluppo, della cooperazione tra i popoli, al dialogo fra le culture e le religioni.
     
     I problemi che abbiamo noi li affrontiamo con umiltà. Voglio dire che la loro situazione dipende anzitutto da noi e non deve riguardare solo noi; qui in questo Centro, ci riferiamo sempre agli altri 19 mila studenti di Africa, Asia e America Latina e ci chiediamo sempre che cosa noi possiamo fare per loro. Questa è solidarietà, alla quale noi cerchiamo di educare i nostri giovani studenti. Ciascuno si guardi intorno e rifletta se ciò che chiede per sé si riesce ad ottenerlo anche per gli altri studenti esteri nel nostri Paese.
      
    Qui, in questo Centro, si vive il sogno che tutti i giovani del mondo siano solidali fra loro: che tutti  abbiamo la possibilità di sviluppare le loro energie a beneficio dei loro popoli e del mondo intero. Viviamo il sogno che la pace è possibile, quando i diritti di tutti saranno anche i nostri diritti, le sofferenze di tutti saranno anche le nostre sofferenze, gli sforzi di tutti saranno anche i nostri sforzi. 
     
    Ecco cosa vuole essere il Centro Giovanni XXIII: una piccola comunità di giovani da tutto il mondo, che ha il sogno che il mondo diventi una comunità di amici, di fratelli, gli uni attenti agli altri, soprattutto ai più deboli. Una volontà comune perché i diritti di tutti siano rispettati, cercando noi per primi di rispettarli e collaborando che ciò avvenga.
      
   Io penso che il Centro sia un Dono a noi stessi, ai nostri studenti, nella misura in cui esso suscita in loro questi sentimenti e li aiuta a realizzarsi; e sia un dono della nostra società, quella italiana, civile e religiosa.



D. Remigio Musaragno 1986


Tratto dal libro: "Dalla parte degli studenti esteri . La buona battaglia di Don Remigio Musaragno. Testimonianze per i suoi 80 anni e piccola antologia dei suoi scritti." Anno pubbl. 2006



   

E' difficile capire che sono una risorsa anche per l'Italia?

  

E' difficile capire che sono una risorsa anche per l'Italia?



  L'investimento di denaro, cioè le borse di studio per gli studenti esteri (finalizzate al compimento degli studi e poi al rientro, ndr), sono una cosa opportuna per il governo italiano, perché con il rientro in patria di questi laureati e diplomati si creano anche delle prospettive e delle possibilità di rapporti (culturali, ma anche politici e commerciali) che arricchiscono la sua politica estera.
   
   E poi , questi studenti del terzo mondo che si sono laureati e diplomati nel nostro Paese, costituiscono una grande risorsa per la solidarietà, per la cooperazione internazionale, per la Pace:
grazie a loro possono cadere barriere di ogni tipo, mantenute spesso solo per ignoranza, o per ragioni ideologiche, politiche, economiche .
   
   Decine di migliaia di studenti di Africa, America Latina e Asia che hanno studiato in Italia, o in Europa, non possono forse costituire delle opportunità perché i rapporti dei loro Paesi con quelli del nostro continente migliorino da tanti punti di vista?
Ma a una condizione; che essi realizzino lo scopo per cui sono andati all'estero e conservino un buon ricordo del Paese che li ha ospitati.


Scritto da D.Remigio Musaragno 1989


Tratto dal libro: "Dalla parte degli studenti esteri . La buona battaglia di Don Remigio Musaragno. Testimonianze per i suoi 80 anni e piccola antologia dei suoi scritti." Anno pubbl. 2006


Tuesday, September 25, 2012

Dalla parte degli studenti esteri-introduzione-

Tratto dal libro: "Dalla parte degli studenti esteri . La buona battaglia di Don Remigio Musaragno. Testimonianze per i suoi 80 anni e piccola antologia dei suoi scritti." Anno pubbl. 2006


            Introduzione di Giampiero Forcesi


Il fatto è che non lascerà eredi. Questo ormai si può dire. Compie 80 anni, don Remigio, ed eredi non ce ne sono. E, a pensarci bene, non ce ne potrebbero essere. Successori , certo, sì, e magari bravi. 

Le "opere" di Don Remigio , infatti , probabilmente proseguiranno anche quando lui si ritirerà definitivamente. Certo, proseguirà il Centro Giovanni XXIII, cosi prezioso nel suo accogliere, nel cuore di Roma, fino a 170 studenti per anno. 
Ed è auspicabile che proseguirà anche l'Ufficio Centrale Studenti Esteri  l'Ucsei, con il suo servizio sociale che aiuta economicamente gli studenti in difficoltà e con il suo settore  di animazione culturale che cerca di valorizzare la presenza in Italia degli studenti esteri e di consentire a loro di essere, un domani, uomini e donne di cerniera tra il loro e il nostro Paese, affinché ci sia più amicizia  tra i popoli dunque più cooperazione e più giustizia. 

Ma lo spirito delle sue "opere" potrà essere lo stesso?
 E' ben difficile, a meno che non sia lo Spirito a prendersi cura dell' eredità di Don Remigio.
      
Quanto a lui, che dire? L'impressione è che si sia sentito, con buon senso evangelico, un servo inutile, e che dunque abbia pensato che non valesse così tanto la pena di perseverare e tramandare ciò che andava compiendo. L'impressione è  che si sia sentito, anche qui con intelligenza evangelica, un seme, un lievito; e dunque ora egli è tranquillo e ha fiducia che, da quanto è seminato e impastato, potranno venire altri frutti, altri sviluppi; non importa sapere quali e come.
      
Inoltre egli ha sempre creduto, e detto e scritto che questa "opera", l'Ucsei- cioè il diritto allo studio per tutti per far crescere giustizia e pace nelle comunità degli uomini-, avrebbe avuto le gambe per caminare solo se i giovani stessi ci avessero tenuto, si fossero messi insieme , aiutati tra loro, organizzati, se avessero fatto sentire la propria voce. Don Remigio ha considerato se stesso e l'Ucsei soltanto come strumenti a servizio di quel percorso.
   
 E, infine c'è da dire che, talvolta, le persone sono proprio irripetibili. Tutte, certo, lo sono: uniche nella loro individualità. Ma in taluni casi ci si accorge in modo più evidente che una certa esperienza, un certo segno impresso nella vicenda umana non è ripetibile, non è imitabile. I carismi di Don Remigio, e il modo con qui essi si sono impastati con i luoghi  e i tempi in cui egli ha trascorso la sua età più fertile, hanno impresso un segno che è ben difficile immaginare che possa essere ereditato e riproposto. Si pensi a quella sua determinazione così forte e costante a perseguire  la promozione degli studenti esteri e, al tempo stesso e, il suo non prevaricare, il suo non imporsi, il suo rispetto per le scelte altrui, il suo pensarsi come servitore e non un protagonista. Si pensi al tipo di cristiano e di sacerdote che è stato e che è. Alfonso Castrillon, uno studente latinoamericano della prima ora  (ora docente di storia dell'arte a Lima), in un messaggio inviato quando questo libro-omaggio a don Remigio era già in tipografia, ha scritto : "Don Remigio es un hombre de los quedan pocos, que pratica la caridad sin reparar en el credo que profesa". Davvero la sua caridad ( la quale non si cura del credo religioso che l'altro professa) è stata  praticata a tutti livelli. E, in misura molto alta, egli l'ha praticata sul piano del rispetto dell'altro (delle sue idee, del suo credo) e avendo attenzione a cercare sempre di rafforzare nell'altro la capacità concreta di perseguire ciò che egli liberamente considerava il suo proprio bene. In questo la sua testimonianza cristiana e di pastore è stata mirabile. Certo, singolare, inconsueta; ma mirabile. E cosi è stata percepita, come risulta non solo dalle parole di Alfonso Castrillon ma anche dalle testimonianze che si cono potute, molto frettolosamente, raccogliere per comporre questo libro. I "testimoni" avrebbero potuto essere centinaia, forse migliaia. Ma in Ucsei non c'erano gli indirizzi... Sono sparsi nel mondo, i testimoni. Ed è ben difficili rintracciarli. Si sono rintracciati quei pochi che è stato possibile. Ma facendo questa ricerca è parso di comprendere meglio l'atteggiamento di don Remigio verso il futuro, la sua idea di eredità da lasciare. Gli eredi, si può dunque pensare, sono proprio quelle centinaia o migliaia di  (ex) studenti passati per l'Ucsei  o per il Centro, e di cui non c'è più indirizzo. Sono loro l'eredità che più conta. Del resto, dal sorriso tranquillo di don Remigio, al di là delle preoccupazioni contingenti , questo appare chiaro.
    
Alle testimonianze, così disparate  ma preziose, che sono raccolte nella prima parte del libro si unisce una scarna antologica di brani tratti dagli editoriali scritti da don Remigio su Amicizia  nell'arco di 36 anni , dal 1964 al 2000. Anch'essi, questi suoi brevi testi, sono dei "testimoni", nitidi, del suo spirito, delle sue idee, del suo stile di lavoro, del suo atteggiamento verso gli altri, del suo profilo di educatore. La scelta che se ne è fatta è assolutamente parziale, arbitraria; nella fiducia, però, di non tradire l'autore.
    
Si aggiunge alle prime due una terza sezione del libro, nella quale si pubblicano due contributi ad una futura storia, che sperabilmente qualcuno scriverà, dell'Ucsei. Una storia che non è tutta alle spalle, anzi. Don Remigio, come non poche testimonianze in queste pagine rilevano, ha anticipato i tempi, di molto. Le sue convenzioni e le sue battaglie stanno diventando attuali adesso. Sia quelle sulla necessità di praticare il dialogo tra culture e religioni, come strada ad una pace più solida e alla diversa cooperazione dell'Italia ( governo, istituzioni, università, società civile) con i paesi  dell'Africa, dell'America Latina, dell'Asia, e dell'Est Europa: una cooperazione, cioè, che riconosca il suo centro vitale nella valorizzazione delle persone, nella loro formazione, nella promozione delle loro capacità di costruire autonomamente i percorsi dello sviluppo delle loro comunità e dei loro Paesi.
  
 E, dunque, don Remigio, che eredi non ne lascia, almeno non nel senso di persone cui ha dato la "consegna" di proseguire la sua opera nel suo spirito, lascia però una eredità vitalissima, un ideale di straordinaria concretezza e rilevanza, a cui ciascuno potrà attingere: gli studenti esteri di oggi e di domani, chi lavora e lavorerà nell'Ucsei e nel Centro, chi si occupa di università, di cultura, di cooperazione. Lui, che compie i suoi 80 anni con una salute precaria ma con un sguardo ancora vigile, è certamente contento di vedere quanto terreno arato egli ha lasciato a chi viene dopo di lui. E non mancherà di offrire qualche saggio consiglio a chi vorrà giovarsene per proseguire il cammino.

Thursday, September 20, 2012

Discorso del Card. Ugo Poletti, Presidente dei Vescovi Italiani e Vicariato di Roma all'inaugurazione del PONTE anno 1986

     
Discorso del Card. Ugo Poletti, Presidente dei Vescovi Italiani e Vicariato di Roma all'inaugurazione del PONTE anno 1986


         Un ringraziamento a quelli che hanno creduto nel passato, che credono nel presente e nel futuro. Quando 25 anni fa don Musaragno mi parlava e  mi dava le prime informazioni dell' UCSEI, ero io stesso molto titubante e perplesso. Quando 23 anni fa, a Milano, si ponevano le prime basi della FOLM ( Federazione Organismi di Laicato Missionario) che divenne poi presto la FOCSIV, era una iniziativa di cooperazione, ma la sensibilità, lo spirito della solidarietà era ancor poco, era agli inizi; oggi la nuova iniziativa de "Il  Ponte "si colloca in una mentalità di solidarietà che arricchisce e dilata la cooperazione. Bello il nome "Il Ponte", che è significativo di congiungimento nostro con paesi lontani. E chi realmente costituisce un ponte, sono gli studenti esteri.
         Don Musaragno ha messo in rilievo che non possono , non devono essere lasciati soli. Il Ponte esige, coraggio, apertura di mente, di cuore, di animo. Non bisogna aver paura delle provocazioni che Dio ci offre attraverso gli uomini. Quindi il mio ringraziamento si trasforma in esortazione di fiducia. Io sento oggi , molto più che 25 anni fa, la mia responsabilità di incoraggiamento, di sostegno, oltre che di promozione.
         Anche le autorità civili si sono poste in atteggiamento sempre più di responsabilità. Unendo le forze in una prospettiva ampia, lontana ma ugualmente coraggiosa, si potrà ottenere molto frutto. L'iniziativa merita, non solo la benedizione di Dio, che di certo è assicurata, ma l'attenzione , la collaborazione e la buona volontà degli uomini. è questo che io auguro a me stesso , a tutti noi presenti e a quelli che si aggiungeranno per la crescita e lo sviluppo dell'iniziativa del Ponte.
         Un augurio agli studenti esteri: hanno anche'essi bisogno di fiducia, di ritornare a guardare a questo nostro Paese, l'Italia, a questa nostra città, Roma, non con timore ma con senso di fiducia, perché l'accoglienza aumenta, aumenta la comprensione, aumenterà ancora la solidarietà. è la parola che desideravo dire a tutti voi.

tratto dal libro "Studenti Esteri in Italia (1960-2000)- Un Itinerario d'impegno per lo sviluppo e di testimonianza missionaria.

Ponte - Centro di Documentazione- Centro C. I. "Giovanni XXIII"


  

Inaugurato nel 1986 dal Card. UGO POLETTI , con le parole che riportiamo , il Centro di Documentazione "Il PONTE" raccoglie libri, riviste italiane ed estere riguardanti i problemi dei Paesi in via di sviluppo, della cooperazione, dell'educazione allo sviluppo e d inoltre più di duemila tesi di laurea lasciate dagli studenti esteri che si cono laureati con il sostegno dell' UCSEI (Ufficcio Centrale Studenti Esteri in ITalia, ONG onlus fondata dallo stesso Don Remigio Musaragno).


(cit. dal libro "Studenti Esteri In Italia" 1960-2000-Un Itinerario d'impiegno per lo sviluppo e di testimonianza missionaria-anno pubblicazione Genn 2001
.)






































Tuesday, September 18, 2012

Su Rai Educational intervista a Suzanne Mbiye Diku, EX-studentessa del Centro


La dottoressa Cavaliere della Repubblica italiana

Di origine congolese. Divenuta cittadina italiana, è medico specialista in ginecologia e ostetricia. Membro di commissioni ministeriali che si interessano della salute dei migranti, in particolare dell’“Istituto Nazionale per la promozione della salute delle popolazioni migranti e per il contrasto delle malattie della povertà” (INMF).

Presidente dell’associazione donne congolesi “Tam Tam d’Afrique”. In Italia è ricordata in modo particolare per la nomina a Cavaliere Ufficiale dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana, conferitale dall’ex presidente Ciampi il 7 giugno 2002. Suzanne è stata la prima donna immigrata ad essere insignita di questa alta onorificenza.

Nel marzo 2009 è stata convocata dalla Commissione straordinaria del Senato sui diritti umani, nell’ambito di un’indagine conoscitiva sui livelli e meccanismi di tutela dei diritti umani vigenti in Italia e nella realtà internazionale. Il suo intervento verteva sulla situazione nella Repubblica Democratica del Congo e sul ruolo delle Ong locali delle donne congolesi. In particolare, sulle tematiche dell’emancipazione e contro lo stupro come arma di guerra.

Suzanne è stata firmataria, insieme ad altre donne insignite di onorificenze dallo Stato italiano, della petizione “Una Repubblica che rispetti le donne” inviata al presidente Giorgio Napolitano dalla parlamentare europea Silvia Costa in occasione della festa nazionale del 2 giugno 2009

fonte:
 http://www.solidarietainternazionale.it/index.php?option=com_content&view=article&id=4952:suzanne-diku-mbiye&catid=111:n-4-5-apr-mag-2011&Itemid=224