Saturday, June 30, 2012

Il gruppo di Calcio del Centro


Gruppo "Ballo Africano"; i famosi "Tamburi Burundesi" del Centro




                                 
                                     Marzo '99  il Centro partecipa a "Su e Zo per i ponti di Venezia"


                                                                     8 dicembre '99  a   R O M A







Gli studenti in alcune attività del Centro


                                     Don Remigio Musaragno e gli auguri da parte degli studenti

                                             


                                      Dopo la messa di chiusura dell'anno accademico


 


IL Coro 


Il Comitato degli studenti 


La riunione del gruppo "Il Ponte"



                                          La riunione del gruppo "Amicizia" (La rivista "Amicizia")


  Fine anno accademico il comitato allargato degli studenti , a cena fuori tutti insieme insieme con la Direzione



          Durante le prove per lo spettacolo di fine anno accademico
Maggio '98




                                                              Idem

Saturday, June 16, 2012

Fondazione Cum



       A cura di Crescenzio Moretti


      Mons. Remigio Musaragno, prete di Treviso, non è stato in senso stretto un prete Fidei donum, anche se lo ha desiderato. In gioventù aveva pensato all’Africa e quando lo conobbi,negli anni ’70, desiderava fare un’esperienza in America Latina.La sua è stata una vita tutta missionaria: nel centro studi di Propaganda Fide, nel Centro missionario diocesano di Roma, nell’animazione di convegni ed iniziative per la formazione degli studenti provenienti dal Sud del mondo, nel Consiglio missionario nazionale e, soprattutto, nella sua Opera per gli studenti esteri in Italia.
   
    Cominciò la sua attività a favore degli studenti stranieri in Italia nel 1957, mentre svolgeva il suo servizio presso la Propaganda Fide, nell’Ufficio centrale studenti esteri in Italia (Ucsei),con presenza, oltre che a Roma, a Milano, Bologna, Firenze, Perugia e Napoli. Nel 1970 dette vita a Roma al Convitto o Centro interculturale Giovanni XXIII, una casa di accoglienza per universitari “senza tetto”. Arrivò ad accogliere oltre 150 studenti, di 50diverse nazioni. Un mondo vivace e pieno di iniziative culturali.Col suo modo pacato, quasi timido, raccontava i contrasti, le preoccupazioni, anche economiche, che lo assillavano per tener in vita il convitto.
 
    Lui considerava i giovani studenti che accoglieva “soggetti strategici anche per sviluppare la fede cristiana nelle loro Chiese locali”.Auspicava che, terminati gli studi, i suoi ragazzi tornassero alle loro terre per essere artefici del risveglio sociale, politico, economico dei loro popoli.Fu un tenace promotore di incontri per il dialogo interculturale.

    Per questo suo lavoro ebbe molti autorevoli riconoscimenti.Quando festeggiò gli ottanta anni il Comune di Roma gli consegnò in Campidoglio una targa di onorificenza “per l’impegno con cui ha sempre difeso il diritto all’istruzione di chi, per ragioni economiche o politiche, non ha potuto studiare in patria”. Anche il
presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, in quella occasione inviò un messaggio di auguri al fautore della “politica dell’accoglienza”.
 
     Mons. Musaragno ha inciso profondamente nellospirito dei suoi ragazzi che lo amarono sempre e ora lo ricordano con splendide testimonianze: «Mons. Remigio, tu sei stato un monumento per il mondo intero. Il tuo nome sarà sempre scritto nel cuore di ognuno di noi. Dovrebbero fare le pratiche per la sua beatificazione... hai dedicato la tua vita per gli sconosciuti, i senza voce... Quello che dice la Bibbia - non c’è più romano, né greco - don Remigio l’ha messo in pratica. Per lui non c’era più né cattolico né protestante, né musulmano né animista, perché il Dio che si prega è Uno!

     Caro Don Remigio, grazie! Da te abbiamo imparato tanto e continueremo ad imparare». «In mons. Musaragno ho scoperto quello che voleva dire essere un grand’uomo, saper ricordare che la nostra finalità non si doveva smarcare dal miglioramento dell’Africa». «Don Remigio era il simbolo della bella Italia, l’Italia della solidarietà, dell’accoglienza, della fratellanza e dell’umanità... speriamo che il suo messaggio non sparisca mai e che l’Italia rimanga bella ed accogliente». «Sono entrata al centro nel 1990 e mi sono ritrovata in un’ora a vivere in una casa con mille lingue, mille razze e mille religioni diverse. Io lì ho imparato il rispetto e l’amore per tutto ciò che è diverso dal mio pensiero».

     Negli ultimi tempi mons Musaragno lamentava il crescente disinteresse della politica italiana per questi studenti: “L’Italia negli ultimi vent’anni è venuta gradualmente meno al suo ruolo di promotrice della cooperazione internazionale in questo campo. Eppure, dai primi anni Cinquanta ad oggi, più di 60mila giovani di oltre cento Paesi del mondo si sono laureati nelle università italiane: un patrimonio straordinario di relazioni umane e di ponti gettati tra l’Italia e gli altri Paesi dei cinque continenti”.

   Nell’archivio dell’Ucsei sono depositate 2.400 tesi di laurea di studenti che si sono avvalsi dell’opera del Centro Giovanni XXIII. Molti studenti passati attraverso l’Ucsei oggi sono personaggi importanti nel loro Paese: professionisti, medici.  Mons Remigio è morto all’età di 82 anni, il 22 giugno 2009, la sua opera continua.


http://www.fondazionecum.it/files/user_upload_files/file/noticum_gen_2010.pdf

Il Permesso di Soggiorno ( Genn 2005 )

Studenti stranieri: le proposte dell’UCSEI .



Superare la confusione normativa, causata dall’assenza di uno “statuto” dello studente straniero; istituire un’Agenzia nazionale per la mobilità e le borse di studio,da finanziare con un Fondo ad hoc.
Sono alcune delle proposte formulate dall’Ucsei, Ufficio centrale studenti esteri in Italia, sostenute dal presidente don Remigio Musaragno e contenute nel volume dal titolo “Studiare nelle Università italiane:
la partecipazione, le scelte e i risultati degli studenti stranieri. Breve analisi di un decennio di trasformazioni”. Si tratta di una ricerca promossa dall’Ucsei e condotta da Istat e Miur, sulla evoluzione della presenza degli studenti stranieri in Italia.

“La regolamentazione anche solo dell’accesso degli studenti stranieri risente della stratificazione di successive normative di diversa origine – elenca l’Ucsei –regolamentazione dell’immigrazione, cooperazione allo sviluppo, principi comunitari di libera circolazione,convenzioni internazionali, riconoscimento dei titoli di studio, politica dei visti, politiche di realizzazione del diritto allo studio, politiche in materia di borse di studio”.

Per quanto riguarda le borse di studio e le risorse, “gli importi attualmente sono molto limitati e dispersi nei bilanci delle diverse amministrazioni, pertanto non hanno un impatto significativo nel promuovere l’afflusso di studenti dall’estero”, osserva ancora l’Ucsei, che propone di modificare la normativa sulla cooperazione allo sviluppo, “favorendo l’apporto degli studenti dei Pvs presenti in Italia nei progetti di cooperazione italiana che riguardano i loro paesi”. Inoltre l’Ufficio suggerisce di attivare “itinerari di sostegno per favorire un rientro qualificato degli studenti stranieri nei loro paesi, al termine dei loro studi, con un’attenzione anche a coloro che si sono laureati e che fanno attualmente lavori dequalificati in Italia”. Infine, secondo l’Ucsei, va modificata la normativa di accesso alle università, favorendo una maggiore informazione presso le Ambasciate sulle opportunità di studio nel nostro paese e sui problemi di alloggio; si chiede alle rappresentanze diplomatiche una “maggiore rapidità nell’esaminare la documentazione per l’iscrizione degli studenti” e di far sostenere nelle loro sedi la prova di ammissione in lingua italiana, da studiare all’estero. Dovrebbe essere più veloce anche la pratica di rinnovo del permesso di soggiorno, “coinvolgendo le università stesse”. Per discutere di tali problemi, l’Ucsei lancia la proposta di istituire un “tavolo permanente” di consultazione a livello interministeriale, aperto ad alcune associazioni “di o per studenti stranieri”, con l’obiettivo di “migliorare gli aspetti contraddittori e iperburocratici delle attuali normative e della loro stessa attuazione”. (Redattore Sociale)


http://www.stranieriinitalia.it/briguglio/immigrazione-e-asilo/2005/gennaio/permesso-di-soggiorno-01-05.pdf

Un’opera preziosa

Gli studenti esteri in Italia e l’attività dell’Ucsei


      È impossibile non ricordare in questa sede, mons. Remigio Musaragno e la sua creazione più cara all’ inizio degli anni ’60: l’Ufficio centrale studenti esteri in Italia (Ucsei), un’opera preziosa per molte centinaia, 
forse migliaia, di giovani dell’Africa , dell’America Latina, e anche dell’Asia, e più recentemente dell’Europa dell’Est. Si è trattato di una piccola struttura a servizio di quanti, da paesi con poche possibilità di buoni studi superiori, venivano in Italia per frequentare le nostre università. Una struttura messa in piedi da questo sacerdote di Treviso trapiantato a Roma, che proveniva da Propaganda Fidae e il cui impegno di evangelizzazione si realizzava nel totale rispetto per le culture e per le fedi di tutti. 
    
      Una struttura nata su una convinzione semplice ma del tutto innovativa, che anticipava di gran lunga i tempi: accogliere questi studenti in modo degno, offrendo loro gli stessi diritti degli studenti italiani (alloggi, mense, borse di studio per i meno abbienti e meritevoli), e anzi trattandoli con un’attenzione particolare, avrebbe fatto di loro i più efficaci soggetti dello sviluppo dei loro Paesi e arricchito l’Italia di legami fecondi 
con quei Paesi.

    Per molti anni l’Ucsei è stata attiva aprendo sedi in alcune città italiane, facendo convegni nazionali, dando vita a uno strumento di informazione e di formazione insieme, e anche di coordinamento: la rivista mensile “Amicizia”, scritta quasi per intero dagli studenti esteri. Dopo il ’68 e i difficili anni ’70, la classe dirigente italiana ha mostrato diffidenza verso l’arrivo di studenti dai Paesi non comunitari e ha iniziato a frapporre ostacoli burocratici di ogni tipo, frenando l’incremento delle loro presenze e anzi diminuendone il numero per tutti gli anni ’80 e ‘90.

    L’Ucsei si è battuta con tutte le sue forze (certo, deboli: il sacerdote, don Remigio Musaragno, qualche assistente sociale, un po’di volontari e via via gli studenti che si avvicendavano) per dire l’insensatezza e la miopia di una politica di chiusura verso gli studenti del cosiddetto Terzo mondo e per affermare, invece, il loro diritto a studiare in Italia quando fosse difficile o impossibile farlo nei loro Paesi, e comunque per far capire il vantaggio che ne avremmo avuto anche noi italiani nell’averli nelle nostre università. 

   La rivista “Amicizia” ha raccolto anno per anno le statistiche degli studenti esteri presenti in Italia, università per università, quando ancora non lo faceva né l’Istat né il ministero della Pubblica Istruzione. Ha organizzato ogni anno un Convegno nazionale per mettere a confronto le esperienze di inserimento degli studenti esteri nelle varie università e indicare ai responsabili dei ministeri dell’Istruzione, degli Esteri e dell’Interno le storture politico-burocratiche che prima rendevano difficile l’ingresso in Italia e poi rendevano difficile di viverci e di studiarci (il diritto allo studio, per loro, è stato acquisito definitivamente solo nel 1998).Non ostacolare il loro ingresso, anzi incoraggiarlo; non penalizzare il loro corso di studi (ad esempio impedendo il cambio di facoltà, lesinando gli alloggi e le borse di studio, opprimendoli con ritardi insopportabili nella pratica di rinnovo dei permessi di soggiorno), ma semmai facilitarlo: questi sono stati impegni concreti dell’Ucsei, perseguiti con tenacia, rivolgendosi anno dopo anno alle istituzioni, anche quando le forze si erano fatte più esigue e funzionava solo la sede di Roma. Ma l’impegno forse più grande, e lungimirante, è stato quello di cercare di far aprire gli occhi sulle contraddizioni di una politica che, mentre si diceva impegnata nella cooperazione con i paesi in via di sviluppo, poi si disinteressava di quello che avrebbe potuto essere il soggetto più autentico di un vero sviluppo e di una vera cooperazione tra l’Italia e quei Paesi. Lunghissima, e finora infruttuosa, è stata la battaglia di mons. Remigio Musaragno e dell’Ucsei per far cambiare la legge sulla cooperazione allo sviluppo, inserendovi la possibilità di far partire come cooperanti e volontari anche coloro che, provenendo da quei paesi, si andavano laureando in Italia. 

    Nella linea di valorizzare la presenza in Italia degli studenti esteri, don Remigio ha creato il Ponte, una struttura che per decenni ha raccolto le tesi di laurea di migliaia di studenti esteri, inserite in una biblioteca che è stata anche specializzata per la raccolta dei progetti di cooperazione di molte Ong italiane in Africa e in America Latina. Ha raccolto fondi per dotare un servizio sociale interno all’Ucsei di risorse per aiutare gli studenti a finire i loro studi e a pubblicare le loro tesi. Ha promosso, insieme alla federazione delle Ong di ispirazione cristiana (la Focsiv) e alla Caritas,una Scuola di Politica Internazionale, Cooperazione e Sviluppo (la Spices), oggi alla 19a edizione. Ha aperto una Galleria d’Arte per accogliere e far conoscere mostre di artisti provenienti da altre culture e Paesi. Ha chiesto e ottenuto l’idoneità dell’Ucsei per l’attività di educazione allo sviluppo e, nello scorso decennio, ha realizzato numerosi progetti di sensibilizzazione all’interno di scuole romane e anche delle università della capitale, pubblicando negli ultimi dieci anni otto libri (sulla globalizzazione, sui metodi di lotta non violenta, sul colonialismo) e traducendo in italiano 
il programma del Nuovo Partenariato dell’Africa per lo Sviluppo. Ha sostenuto iniziative, convegni, giornali e associazioni degli studenti di Paesi africani presenti in Italia. 

   Per ultimo, proprio prima che la malattia lo togliesse per sempre dall’impegno di una vita, ha messo la sua  firma ad un progetto di educazione allo sviluppo, piccolo nelle risorse ma esemplare, con il quale l’Ucsei, da un lato, ha raccontato a studenti romani la vita e il lavoro nelle realtà rurali dei paesi subsahariani e, dall’altro, ha sostenuto il rientro nel suo paese (la Repubblica Democratica del Congo) di un giovane che aveva studiato scienze agricole in Italia e poi in Belgio,  finanziando, ad un’associazione locale che quel giovane aveva fondato prima di lasciare il suo Paese, un corso di formazione rurale per un centinaio di contadini. Il rientro degli studenti è tata sempre la preoccupazione di mons. Musaragno e su questo particolare aspetto l’Ucesi ha molto riflettuto e scritto.

   Non meno prezioso, certamente, nella lunga e inesausta attività di don Remigio per gli studenti esteri è stato il Centro Internazionale Giovanni XXIII che, a più riprese, ha iniziato a far funzionare  fin dagli anni ‘70 e che nell’ultimo quindicennio accoglieva oltre 160 studenti, nel vecchio edificio di Lungotevere dei Vallati. 
Un luogo in cui sono passati tantissimi studenti, di oltre 50 paesi diversi, vi hanno soggiornato per anni, compiendo per intero i loro studi; vi hanno vissuto in una comunità aperta, di ragazzi e ragazze, partecipando liberamente a tante attività culturali e sportive, lavorando alla rivista Amicizia, organizzando i convegni, facendo parte dei progetti di educazione allo sviluppo, e soprattutto dialogando tra loro, 
senza obblighi religiosi ma ricevendo la testimonianza della fede evangelica di don Remigio tramite la sua dedizione per loro e il suo rispetto per le idee di ciascuno.

Rossetta Pellegrini



Italia: più studenti stranieri a scuola ma meno all'università / Notizie / Home - Unimondo




Nell'anno scolastico 2002-2003 gli alunni stranieri in Italia erano 232.766, circa 40 volte di più rispetto a 20 anni fa, quando se ne contavano poco più di 6.000. E' quanto emerge dall'ultima indagine, condotta dal Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, sulla presenza di alunni con cittadinanza non italiana nelle nostre scuole.


"La presenza di questi ragazzi è un'opportunità per allargare le nostre vedute. Il multiculturalismo consiste nel riconoscimento che la realtà ha diversi piani di lettura", afferma Alessandro Musumeci, Direttore Generale del Servizio Automazione informatica e Innovazione Tecnologica del MIUR.


Rispetto agli altri paesi europei, l'Italia, come la Spagna, ha una popolazione scolastica straniera pari a circa il 2,95%; molto bassa se si paragona alla Francia con il 6%, alla Germania con il 9,7% e alla Gran Bretagna.





DAI DATI ISTAT:

Secondo gli ultimi dati dell'ISTAT nelle nostre scuole sono presenti studenti di 189 Paesi su 195 Stati nel mondo.

A Milano sono rappresentati 165 Paesi del mondo (al primo posto Filippine), a Roma 144, a Vicenza 108 (al primo posto Serbia e Montenegro), a Cremona 90 (al primo posto l'India).



Ma la distribuzione di questi alunni ovviamente non è omogenea, concentrandosi principalmente nelle città dove i genitori hanno la possibilità di trovare lavoro più facilmente. "Di fronte a questa realtà complessa" - ha spiegato Elena Besozzi, docente di Sociologia dell'Educazione presso l'Università Cattolica di Milano - "l'educazione interculturale si rivela una risorsa preziosa. Il problema è adeguare la formazione degli insegnanti ad operare in questi contesti per una reale integrazione, senza banalizzare le differenze". Proprio a questo approccio è chiamata oggi con urgenza la scuola italiana, che nel processo di integrazione gioca un ruolo fondamentale.


In calo invece il numero di studenti stranieri nelle università italiane: su 5.394 iscritti quest'anno, 3.228 provengono da paesi non comunitari. "I numeri più bassi in Europa, che diminuiscono rispetto al passato, perché manca una considerazione attenta e positiva nei confronti di questi universitari da parte delle autorità italiane", denuncia mons. Remigio Musaragno, presidente dell'Ucsei (Ufficio centrale studenti esteri in Italia).


Inoltre sono in drastico calo le borse di studio: 600, di cui 400 rinnovi. A questo proposito il Ministero degli Esteri ha dichiarato - riferisce Musaragno - che "non si giustificherebbe un impegno italiano in questo senso perché si è riscontrata la tendenza degli studenti a non fare ritorno nei paesi di origine". "Come se - nota Musaragno - il ritorno stesso non fosse reso più possibile proprio da una politica di valorizzazione dello studente internazionale, capace di promuovere e sostenere percorsi personalizzati di rientro, in un quadro di cooperazione con il suo paese di origine". [MB]


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Centro Pastorale Missionario della Diocesi di Roma


 Il Centro Missionario è nato nel 1971, grazie allo zelo missionario di P. Giuseppe Caffaratto, dell’Istituto Missioni Consolata, con il suo proprio regolamento approvato ed incoraggiato ad experimentum dall'allora Vicegerente di Roma Sua Ecc.za Rev.ma Mons. Ugo Poletti, che subentrò come Cardinale Vicario di Sua Santità Paolo VI per la Diocesi di Roma, a Sua Em.za Rev.ma il Cardinale Angelo Dell'Acqua (1968-72) nel 1972. P. Giuseppe Caffaratto venne nominato primo direttore del neonato Centro Missionario Diocesano.
La sede del C.M.D. venne stabilita in Via Levico,14.




Nel 1975 la sede del C.M.D. viene spostata presso il Vicariato di Roma sito nel Palazzo Lateranense.

Nel 1978 nella persona di P. Giuseppe Caffaratto venne fusa la direzione del Centro Missionario con quella delle Pontificie Opere. Pur mantenendo lo specifico del Centro e dell'Ufficio cominciò ad esserci un unico direttore.

Dopo diversi anni di lavoro, il 1 novembre 1985, subentrò a P. Giuseppe Caffaratto Mons. Remigio Musaragno che venne nominato direttore dal Cardinale Vicario Ugo Poletti.
Nel 1992, come vescovo incaricato per la cooperazione missionaria tra le Chiese nella Diocesi di Roma, 
Sua Ecc.za Rev.ma Mons. Enzo Dieci inizia il suo lavoro nel Centro Missionario. Mons. Remigio Musaragno lascia l'incarico nel 1994.
A coadiuvare il lavoro del nuovo Incaricato per l'animazione Missionaria a Roma sono chiamati Don Michele Caiafa e la Dott.ssa Francesca De Martino; viene confermata la Sig.na Maria Teresa Marassi, missionaria Falmi. Nel 2002 inizia la collaborazione della Sig.na Daniela Picozzi che sostituisce, dopo un anno, la Dott.ssa De Martino che lascia l’incarico per un’esperienza missionaria. Contemporaneamente, a Don Michele Caiafa subentra Don Mauro Cianci e dopo poco, il Centro Missionario vede l’ingresso, tra i collaboratori, della Sig.na Manuela Tiberi. A settembre 2006 un nuovo avvicendamento vede in Don Massimiliano Memma il successore di Don Mauro Cianci ed il rientro della Dott.ssa De Martino che, impegnata a tempo pieno all’Ufficio Migrantes, offre anche al Centro Missionario la sua collaborazione.









http://www.vicariatusurbis.org/cmdroma/chisiamo.asp?var=Storia

Friday, June 15, 2012

La Voce - 26 giugno 2009- Mons. Remigio Musaragno, una vita spesa per gli studenti esteri in Italia Musaragno, anche a Perugia fondò l’Ucsei



Categorizzata come -N.24 DEL 26/06/2009,CHIESA (La Voce)

Nella notte di sabato scorso è deceduto mons. Remigio Musaragno, fondatore dell’Ucsei – Ufficio centrale studenti esteri in Italia, e del Centro internazionale ‘Giovanni XXIII’, un collegio studentesco costituito con grandi sacrifici e altrettanta determinazione fin dagli anni ’70 del secolo scorso a Roma sul lungotevere Vallati, proprio davanti a S. Pietro. Originario della diocesi di Treviso, fu chiamato dalla S. Sede a lavorare nella congregazione di Propaganda fide, dove è rimasto per molti anni. Inizialmente si occupava della corrispondenza inviata alla Congregazione dai Paesi di missione, poi fu incaricato di seguire gli studenti esteri (non li ha voluti mai chiamare ‘stranieri’) che provenivano per vari motivi da quei Paesi. In questa occupazione, pastorale e culturale insieme, don Remigio ha speso per intero, senza sosta e senza limiti tutte le sue energie e risorse. Avrebbe compiuto 83 anni il prossimo ottobre, ma da qualche tempo era sofferente e impedito di lavorare. Anche negli ultimi momenti ha pensato ai suoi giovani. Nel collegio universitario ha vissuto e ha familiarizzato con gli ospiti, che a centinaia ogni anno frequentavano il collegio, stringendo solide amicizie. La notizia della sua morte mi è giunta, con parole commosse, da uno di loro, ora residente a Bruxelles, un comune amico della prima ora, Rukira Isidore J. Baptiste. Rukira si è laureato nella nostra università ed ha collaborato con don Musaragno nella fondazione dell’Ucsei della regione Umbria. Dell’Ucsei e della sua filosofia rimane la rivista Amicizia, che continua a riportare notizie e problemi del mondo degli studenti esteri. Questo argomento è stato posto al centro dell’attenzione da don Remigio proprio per la sua intuizione, divenuta programma di vita, di fare degli studenti provenienti dai Paesi poveri promotori e protagonisti di sviluppo. Per raggiungere tale obiettivo li ha cercati dovunque in Italia, li ha uniti in associazione, ha organizzato convegni, promosso borse di studio, e seguito personalmente i giovani in vista di una formazione integrale. Per essere operatori di sviluppo nei Paesi poveri non basta prendere una laurea all’estero, anche se già questo è difficile e faticoso; ma occorre avere passione per la propria terra, per le popolazioni che soffrono, ed avere il coraggio di ritornare in quei Paesi dopo aver sperimentato una vita più agevole in Italia. Egli ha combattuto con energia e con provvedimenti concreti (quali rimborsi per il viaggio di ritorno) la ‘fuga di cervelli’. Il cruccio di don Remigio è stato quello di non aver trovato nelle leggi e nei provvedimenti per la cooperazione internazionale risposte adeguate alle esigenze di quei giovani considerati quali soggetti strategici dello sviluppo. Questo però rimane il lascito di don Remigio, che vale la pena di raccogliere e perseguire. Il funerale si è svolto il 22 giugno a Mongravio Curanuova nel Biellese, dove c’è la sua famiglia, alla quale La Voce esprime le sue condoglianze.

E.B.

http://www.lavoce.it/index.php/2009/06/26/musaragno-anche-a-perugia-fondo-lucsei/

DOSSIER INDAGINE STUDENTI ESTERI UCSEI-ISTAT-MIUR Più studenti esteri in Italia


amicizia 


DOSSIER INDAGINE STUDENTI ESTERI UCSEI-ISTAT-MIUR 



                                       Più studenti esteri in Italia 


     Nell'anno accademico 2002-2003, il numero degli studenti esteri in Italia è stato di
31.343, su un totale di studenti nelle università italiane, di circa 1.750.00, quindi pari
all' 1,8%; il numero più basso dei paesi UE, che hanno una media di studenti esteri tra
il 5% e il 10 %.
   
     Questa situazione si spiega in parte con ostacoli  vari posti alla internazionalizzazione del
sistema universitario italiano e con la frammentazione delle normative, nonché con la mancata
sintonia tra i diversi ministeri. Da una parte, il  ministero dell'Università, dall'altra quelli
dell'Interno e degli Affari Esteri. Il primo, con l'appoggio della Conferenza dei Rettori delle
Università, sembra effettivamente orientato a promuovere la presenza di studenti esteri in Italia;
mentre gli altri due (ministeri dell'Interno e degli Affari Esteri), per malintese ragioni di sicurezza
e per una scarsa valutazione sulla sostanziale positività di una effettiva apertura delle nostre
università all'apporto di studenti e ricercatori stranieri, non vedono né l'opportunità né tanto
meno l'urgenza di questa apertura.
   
    E così sono passati oltre 40 anni, in attesa di una apertura che finora non s'è mai fatta; tanto
che c'è il pericolo che di studenti esteri in Italia nel giro di pochi anni non ce ne saranno più.

   C'è voluto l'appello del presidente della Repubblica Azeglio Ciampi (in un discorso ai benemeriti
operatori della scuola, della cultura e dell'arte all'estero - cfr. p. 40 di "Amicizia"), il quale ha
detto: "Dobbiamo internazionalizzare il nostro sistema universitario; dobbiamo avere più studenti
esteri nelle aule dei nostri Atenei..." (Roma, 14 dicembre 2004). Speriamo che questo appello
venga accolto dai responsabili degli studenti esteri in Italia.

    Attualmente questi studenti sono:

- di Africa, n. 2.674, (pari allo 0,15% dell'intera popolazione delle università italiane) ;

- di Asia, n. 3.119, (pari allo 0,18%) ;

- di America Latina, n. 2.198, (pari allo 0,13%) ;

- di Unione Europea, America del Nord, Canada: n. 23.564.

   L'insieme degli studenti dei Pvs (America Latina, Asia, Africa) raggiunge solo n.7.682 (lo 0,46%
del totale).
   
    E' degli studenti di Africa, Asia e America Latina (tot. n. 7.682) che si deve aumentare il numero,
per diverse ragioni.

   La prima è che sono i soggetti strategici dello sviluppo dei loro Paesi, e quindi la formazione che
ricevono nel nostro Paese è un contributo che si dà direttamente allo sviluppo dei loro Paesi
d'origine.

   Un'altra ragione è il reclutamento di giovani dei Pvs che i governi dell'Ocse stanno operando a
sostegno del proprio sviluppo scientifico ed economico; si tratta di 700.000 giovani dell'Asia,
dell'Africa e dell'America Latina da far venire in  Occidente, entro il 2010, per sopperire alla
carenza di scienziati e ricercatori nei Paesi occidentali.

   Inoltre, va considerato il contemporaneo sviluppo dei Paesi finora ritenuti sottosviluppati, ma che
in realtà sono in movimento verso lo sviluppo; per questo scopo saranno importanti, anzi decisivi,
i connazionali che avranno fatto la loro formazione all'estero.

   L'Italia, finora, non ha valorizzato gli studenti terzomondiali, ma è da ritenere che ora (come del
resto gli altri Paesi dell'Ocse) li ricercherà a motivo della globalizzazione del sapere e della
cultura. Il sapere è infatti un elemento strategico dello sviluppo.

   Ci si permetta una considerazione personale: 1'Ucsei è sempre stato, senza esitazione alcuna,
dalla parte degli studenti, in particolare di quelli del Terzo mondo, per favorirne l'ingresso in
Italia e l'inserimento nei nostri atenei. Perché, però, la nostra scelta non corresse il rischio di
impoverire quei Paesi delle loro migliori risorse umane, noi abbiamo sempre denominato e
segnalato questi studenti come i soggetti strategici dello sviluppo  dei loro Paesi. E ancora oggi
così facciamo, con la speranza che, di fronte all'appello autorevole (e ragionevole) del presidente
Ciampi, le istituzioni interessate si occupino nel  migliore dei modi delle esigenze di questi
studenti: l'accoglienza, il sostegno negli studi, le borse di studio; e che lo facciano nella
prospettiva di una vera cooperazione scientifica ed economica tra il nostro Paese e i loro.

Don Remigio Musaragno 


http://www.migranti.torino.it/Documenti%20%20PDF/stusteri.pdf

COMUNICATO STAMPA Il giorno 24 marzo l’UCSEI, Ufficio Centrale Studenti Esteri in Italia, ha inviato la seguente “lettera aperta” alla Presidenza della Repubblica e, per conoscenza, al Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, al Ministero degli Affari Esteri e al Ministero dell’Interno:


LETTERA APERTA

LE PORTE PER GLI STUDENTI STRANIERI SI CHIUDONO, INVECE DI APRIRSI


Caro Presidente,
abbiamo letto con sincera soddisfazione e con gratitudine il Suo appello dello scorso 14 dicembre, di ritorno dal viaggio in Cina, nel quale dichiarava: ‘Dobbiamo internazionalizzare il nostro sistema universitario. Dobbiamo avere più studenti stranieri nelle aule dei nostri atenei’.  Avevamo fiducia che qualcosa si sarebbe davvero mosso, anche perché sapevamo che il Quirinale aveva inviato un suo messo presso il Ministero dell’Università proprio per favorire una maggiore apertura degli atenei all’ingresso degli studenti stranieri; e, certo, non solo di quelli cinesi.

D’altra parte, da parecchi anni le università mettono a disposizione, ogni anno accademico, un numero di posti per gli studenti stranieri piuttosto consistente e in progressiva crescita: dai 20.230 del 2000-01 ai 30.699 del 2004-05. Epperò, poi, le immatricolazioni di studenti stranieri risultano sempre di molto inferiori: l’ultimo dato di cui disponiamo (anno 2002-03) dice che le matricole straniere sono state 7.168. Come, si vede c’è uno scarto molto rilevante.

Perché vengono così pochi giovani stranieri a studiare nelle università italiane (l’Italia è all’ultimo posto nell’Unione europea dei 15)? Gli esperti sono concordi nel dire che questo dipende non già, o non solo, dalla scarsa diffusione della lingua italiana o da una scarsa qualità didattica del sistema universitario italiano, ma, soprattutto, dalla confusione normativa e dall’esistenza di un sistema amministrativo e burocratico “chiuso” che pone ostacoli supplementari alla mobilità in entrata degli studenti stranieri (e dei ricercatori).
Lo abbiamo documentato a dicembre con la pubblicazione del libro “Studiare da stranieri nelle università italiane” e con un seminario di presentazione del volume, tenutosi a Roma il 16 dicembre.
Lo diciamo da tantissimi anni: manca, in Italia, una normativa specifica per gli studenti stranieri, i quali – considerati semplicemente degli stranieri – vengono assoggettati, per quanto riguarda i visti di ingresso e i permessi di soggiorno (e molti altri aspetti della loro condizione), alle normative dei lavoratori stranieri immigrati o che desiderano immigrare.

Dopo il Suo intervento, caro Presidente, eravamo, però – lo ripetiamo -, sinceramente fiduciosi.

Invece, la consueta circolare interministeriale in cui sono contenute le “Disposizioni per l’immatricolazione degli studenti stranieri e comunitari – valide per il triennio 2005-2007” ci ha fatto toccare nuovamente con mano l’incoerenza del nostro sistema di norme e di regolamenti e la sua incapacità di consentire realmente quella apertura agli studenti stranieri da Lei (e da noi) invocata.

Le Disposizioni emanate il 21 marzo dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, là dove si parla della “dimostrazione dei mezzi di sostentamento sufficienti” (necessari per lo studente non abbiente o che non abbia la borsa di studio del Ministero degli Esteri, il quale ne concede solo 400 circa all’anno) elimina quelle possibilità di prestare la garanzia di copertura economica che fino all’anno scorso esistevano: cioè, la garanzia data da parte di cittadini italiani o stranieri regolarmente soggiornanti, oppure da associazioni professionali e sindacali, o, ancora, da enti e associazioni di volontariato. Con le nuove Disposizioni la garanzia economica può essere data soltanto “da Istituzioni ed Enti italiani di accertato credito, da Governi locali, o da istituzioni ed Enti stranieri considerati affidabili dalla Rappresentanza diplomatica italiana”.

E perché questo passo indietro così pesante? Perché il nuovo Regolamento di attuazione della legge Bossi-Fini (Decreto del Presidente della Repubblica n. 334 del 18 ottobre 2004, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il 1° febbraio 2005), ha recepito – a distanza di due anni - l’articolo 23 della legge Bossi-Fini (approvata il 30 luglio 2002) in cui erano state eliminate, appunto, le cosiddette “sponsorizzazioni” per l’ingresso di lavoratori immigrati, cioè le garanzie di copertura economica (prima previste dall’art. 34 del Testo Unico sull’immigrazione – il Decreto legislativo n. 286 del luglio 1998 -, che recepiva la legge Turco-Napolitano del marzo ’98 e, quindi, dal Regolamento attuativo in vigore fino a poche settimane fa, il Decreto Presidente della Repubblica n. 394 dell’agosto ’99).

Per la questione della copertura economica per gli studenti non abbienti (si deve dimostrare la disponibilità di 350,57 euro mensili per entrare a studiare in Italia, secondo le Disposizioni interministeriali), le “Disposizioni annuali per l’immatricolazione degli studenti stranieri”, fino allo scorso anno, si sono avvalse – in mancanza di norme specifiche per l’ingresso degli studenti stranieri – del Testo Unico, cioè il Decreto legislativo n. 286 del ’98 (che rinviava al Regolamento del ‘99). Ma ora è stato, appunto, approvato il nuovo Regolamento; e, dunque, il riferimento del Testo Unico, contenuto come lo scorso anno nelle Disposizioni, rinvia al nuovo Regolamento.

Insomma, il pasticcio è senza fine. Le nuove normative sull’ingresso per lavoro degli immigrati, come è noto più restrittive di quelle approvate con il precedente Governo, hanno finito per coinvolgere anche gli studenti, rendendo molto più difficile anche per loro l’ingresso in Italia.

Le porte, invece di aprirsi, si chiudono.
Si può fare qualcosa?


Roma 24 marzo 2005


Ufficio Centrale Studenti Esteri in Italia

                                                                                              (Presidente don Remigio Musaragno)




2006-11-22 Giampiero Forcesi - “DALLA PARTE DEGLI STUDENTI ESTERI” - La buona battaglia di don Remigio Musaragno - UCSEI (Ufficio Centrale Studenti Esteri in Italia)



Roma (Agenzia Fides) - “Il fatto è che non lascerà eredi. Questo ormai si può dire. Compie 80 anni, don Remigio, ed eredi non ce ne sono. E, a pensarci bene, non ce ne potrebbero essere. Successori, certo, sì, e magari bravi. Le "opere" di don Remigio, infatti, probabilmente proseguiranno anche quando lui si ritirerà definitivamente. Certo, proseguirà il Centro Giovanni XXIII, così prezioso nel suo accogliere, nel cuore di Roma, fino a 170 studenti per anno. Ed è auspicabile che proseguirà anche l'Ufficio centrale studenti esteri, l’Ucsei, con il suo servizio sociale che aiuta economicamente gli studenti in difficoltà e con il suo settore di animazione culturale che cerca di valorizzare la presenza in Italia degli studenti esteri e di consentire a loro di essere, un domani, uomini e donne di cerniera tra il loro e il nostro paese, affinché ci sia più amicizia tra i popoli e dunque più cooperazione e più giustizia. Ma lo spirito delle sue "opere" potrà essere lo stesso? E' ben difficile, a meno che non sia lo Spirito a prendersi cura dell'eredità di don Remigio. Quanto a lui, che dire? L'impressione è che si sia sentito, con buon senso evangelico, un servo mutile, e che dunque abbia pensato che non valesse così tanto la pena di preservare e tramandare ciò che andava compiendo. L'impressione è che si sia sentito, anche qui con intelligenza evangelica, un seme, un lievito; e dunque ora egli è tranquillo e ha fiducia che, da quanto è stato seminato e impastato, potranno venire altri frutti, altri sviluppi; non importa sapere quali e come”.

(dalla introduzione di Giampiero Forcesi). (S.L.) (Agenzia Fides 22/11/2006 - Righe 17; Parole 279)

http://www.fides.org/aree/news/newsdet.php?idnews=11114&lan=ita

Tratto da rassegna stampa GMM - Citta' del Vaticano, 16 gen. - (Adnkronos)



Un’attenzione particolare, inoltre, Benedetto XVI riserva quest’anno agli studenti internazionali. È un mondo della mobilità che in Italia, 50 anni fa, aveva visto la cura e la passione del sacerdote don Remigio Musaragno (1927-2009), fondatore dell’Ucsei (Ufficio centrale studenti esteri in Italia) e del Centro Giovanni XXIII, che ha saputo saggiamente coniugare la grande possibilità dell’internazionalizzazione degli studi universitari con la cooperazione internazionale.

Oggi 2.700.000 giovani universitari studiano fuori dal proprio Paese, e quasi il 60% sono in Europa. L’Italia, però, è al fondo dei Paesi Ocse per numero di studenti stranieri iscritti alle nostre università: 54.707 studenti, cioè il 3,1% di tutti gli studenti universitari. Il gruppo più numeroso di universitari stranieri in Italia sono gli albanesi, con 11.380 iscritti; altre presenze significative riguardano i greci e i cinesi (oltre 5.000, quasi il 7%); i romeni (4.000, oltre il 6%) e i camerunensi (3.000, quasi il 4%). Tra gli universitari stranieri che registrano una maggiore crescita sono da ricordare i cinesi (più 10,9%) e i romeni (più 9,9%). Nel 2009 si sono laureati 6.240 universitari stranieri. La pastorale delle migrazioni nelle nostre Diocesi e parrocchie è chiamata a non dimenticare questi volti di nuovi migranti, che sono soprattutto giovani, per una "nuova evangelizzazione" che guardi al mondo come a "una sola famiglia umana".
Giancarlo Perego, Direttore generale Migrantes  (Avvenire.it)

Tuesday, June 5, 2012

Mario Rahi e Mehdi Elias baba-Ameur

                                                   
                                                   

Compleanno d. Remigio '07

Monday, June 4, 2012

Studenti stranieri: gli 80 anni di Mons. Remigio Musaragno É fondatore dell'Ucsei (Ufficio Centrale Studenti Esteri in italia) e del Convitto Universitario Giovanni XXIII


Roma (Migranti–press) – "Essere studenti esteri oppure esilanti o immigrati per motivi di lavoro si è sempre gente che vive fuori della propria patria, galleggianti su una piattaforma mobile, privi di sicurezza per l´oggi e per il domani, con cuore aperto e riconoscente verso chi porge una mano per sollevare da questa condizione di sofferta precarietà". E´ quanto scrive p. Bruno Mioli nel volume "Dalla parte degli studenti esteri. La buona battaglia di don Remigio Musaragno" presentato nei giorni scorsi in Campidoglio in occasione dell´80° compleanno del sacerdote, fondatore dell’Ucsei nata nell´ambito della cooperazione internazionale per dare voce agli studenti stranieri nel nostro Paese. Oggi questi studenti provenienti da altri Paesi sono oltre 38.000: nell´anno accademico 2004/2005 erano 38.298 con una percentuale del 2,1% sull´intera popolazione universitaria italiana, una incidenza tra le più basse in Europa dove la media è pari al 6%. Lo scorso anno gli iscritti stranieri per la prima volta, negli atenei italiani sono stati 10.521 con una percentuale, rispetto ai nuovi iscritti italiani, del il 2,86%. Sempre l´anno scorso i laureati stranieri sono aumentati considerevolmente. Sono stati, infatti, 4438, il doppio rispetto ai dati del 2002, in maggioranza provenienti dal Camerun, Marocco e Zimbawe.

L’occasione degli ottant´anni del fondatore Mons. Remigio Musaragno dà l’occasione all’Ucsei di formulare alcune osservazioni e proposte per migliorare la situazione degli studenti esteri in Italia. Tra queste una legge ad hoc per valorizzare e regolare lo studio universitario di questi studenti oltre ad una politica dei visti d´ingresso da parte di consolati e di ambasciate che sia più amichevole nei confronti degli studenti, la possibilità di rendere rapida la pratica del permesso di soggiorno prevedendo anche un "permesso di soggiorno di lunga durata" per i laureandi in modo che questi, una volta completati gli studi, possano avere il tempo per esaminare la possibilità di trovare un lavoro in Italia. E ancora la richiesta al ministero degli esteri per aumentare le quote destinate alle borse di studio, magari creando un´Agenzia nazionale per la mobilità e le borse di studio.
L´Ucsei, attraverso il Collegio Internazionale "Giovanni XXIII" ospita anche 170 studenti di diverse nazionalità. La fatica mescolata a tanta determinazione e speranza "continuino a maturare i frutti di bene – è l´augurio di p. Mioli a Mons Musaragno – per un mondo che geograficamente è tanto lontano, ma di fatto ti è tanto vicino che anzi porti nel cuore". (R.Iaria/SIR/Migrantes)

http://www.chiesacattolica.it/pls/cci_new/bd_edit_doc_txt.edit_documento?p_id=12151

PREPARIAMOLI A TORNARE di ALBERTO BOBBIO - foto di Giancarlo Giuliani

Da 40 anni si batte perché gli universitari provenienti da Paesi del Terzo mondo rientrino, dopo la laurea, nel loro Paese. «Questo è vero aiuto allo sviluppo», dice. Ma adesso sono molto diminuiti, «e noi abbiamo una ricchezza in meno».
Sono pochi. Sono sempre di meno. E per lui sono una «ricchezza in via di estinzione». Don Remigio Musaragno quarant’anni fa ha inventato una forma anomala di cooperazione allo sviluppo: non volontari e professionisti che vanno nel Terzo mondo, ma studenti del Terzo mondo che vengono da noi a imparare: soggetti strategici del (loro) sviluppo.
Don Remigio ha inventato l’Ucsei, l’Unione cattolica studenti esteri in Italia, e il Centro Giovanni XXIII, una sorta di collegio romano dove possono vivere e studiare. In 40 anni sono passati dall’Ucsei 65 mila giovani, e circa 2 mila si sono laureati con l’aiuto di don Remigio, che oggi ha 74 anni e ritiene suoi figli i 150 che abitano al collegio: s’informa degli studi, si fa raccontare degli esami, controlla i libretti e conserva tutte le loro tesi di laurea. È soddisfatto, ma anche un po’ amareggiato: «Manca una politica sugli studenti stranieri. I Governi della Repubblica, nessuno escluso, non hanno mai saputo valorizzarli come soggetti di relazioni e di scambi culturali. Li hanno considerati sempre alla stregua degli immigrati. Invece sono studenti, come quelli italiani».



Don Remigio Musaragno con alcuni degli studenti stranieri che ospita.

Don Remigio Musaragno con alcuni degli studenti stranieri che ospita.


Oggi il numero degli studenti stranieri è ridottissimo: meno di ventimila, cioè meno dell’1 per cento degli studenti universitari. Vent’anni fa erano quasi il doppio. L’anno scorso, l’Università per stranieri di Perugia ha risparmiato un buon numero di borse di studio. Così i ponti costruiti in 40 anni da don Remigio rischiano tutti di crollare: «Non c’è nulla di straordinario in quello che abbiamo fatto. Abbiamo solo aiutato a studiare. Semmai, lo straordinario consiste nell’aver avuto il coraggio di non fermarsi mai. Non abbiamo avuto tante risorse. Abbiamo sempre creduto nella carità».

La facoltà più affollata di studenti stranieri è quella di Medicina, con circa 5.500 iscritti, poi vengono Lettere e Filosofia, Giurisprudenza, Ingegneria, Farmacia, Scienze matematiche e, per ultima, Economia. Gli studenti africani e asiatici, che sono la maggior parte, scelgono quasi tutti Medicina e Ingegneria. Gli europei, invece, quasi tutti Lettere e Filosofia. Alla fine degli anni ’50, quando l’enciclica di Pio XII Fidei donum indicò come aiuto allo sviluppo e alla decolonizzazione la preparazione di studenti del Terzo mondo, vi erano in Italia molte residenze per borsisti stranieri, collegi internazionali pubblici e privati. Uno dei primi fu quello del Cuamm (Centro universitario aspiranti medici missionari) della diocesi di Padova.



Don Remigio Musaragno.


Don Remigio Musaragno.

Il dicastero vaticano Propaganda fide incaricò allora don Remigio di fare una rilevazione statistica: «Ho visto una grande ricchezza, ma ho anche capito in fretta che ai governanti italiani non importava che questi studenti potessero diventare un potenziale, vero e assai serio, di sviluppo per i propri Paesi. E, forse, non interessava molto neppure alla Chiesa. Ci si è sempre preoccupati della cooperazione diretta. Abbiamo sempre voluto mandare i nostri. Le Organizzazioni non governative italiane non hanno mai voluto laureati del Terzo mondo, che potessero così avere occasioni per tornare. L’Italia non ha mai previsto borse di studio di rientro».
Fino all’inizio degli anni ’80, tuttavia, la situazione era migliore: moltissimi laureati tornavano in patria e diventavano professori universitari, funzionari dell’industria, insegnanti, esperti di questioni internazionali. Poi ciò è accaduto sempre di meno.
«Colpa della legge Martelli sull’immigrazione», spiega don Remigio. «Prima, l’obiettivo unico dello studente straniero era, appunto, di studiare. Con la legge gli si è dato il permesso di lavorare. Doveva inserirsi nella società italiana. È stato un grave errore. Negli ultimi dieci anni abbiamo lavorato per il loro fallimento: gli studenti vengono in Italia e cercano un’opportunità di lavoro, una qualsiasi. E finiscono spesso a lavare i vetri o a lavorare come colf. Quando critichiamo questa politica, ci accusano di essere retrogradi».



La libreria del Centro Giovanni XXIII.

La libreria del Centro Giovanni XXIII. (PONTE)

L’ultima legge sull’immigrazione riconosce allo studente straniero gli stessi diritti di quello italiano, ma lo considera ancora un immigrato, con gravissimi problemi dal punto di vista burocratico per gli extracomunitari. L’Ucsei si è battuta, durante la discussione della legge, perché venisse introdotta una norma che limitasse a tre anni, oltre la durata del corso di studio, i permessi di soggiorno: «Si rischiava di creare, non ponendo limiti, un’immagine negativa della qualità e del prestigio degli studi delle facoltà italiane», spiega Edgar Serrano, rappresentante dell’Ucsei nella Consulta nazionale per i problemi dell’immigrazione. «Un limite era sicuramente necessario, per richiamare lo studente straniero alla serietà e alla responsabilità verso lo studio».

Il principale problema resta quello del ritorno in patria degli studenti che hanno studiato in Italia. Ciò vale soprattutto per gli africani. I loro Governi non hanno denaro per gli stipendi. «Forse», osserva don Remigio, «dovremmo considerare anche le borse di studio di rientro come cooperazione allo sviluppo. Io non vorrei più ricevere lettere come questa: "Caro don Remigio, da due anni ormai sono tornato in Camerun. Ho fatto molte domande, ma nessuno ha soldi per pagarmi. Sono un po’ scoraggiato... I politici africani ci chiedono di tornare in patria, dopo la laurea. Ma quando ritorniamo, non c’è alcuna opportunità. Se le cose continuano così, rischio anche di dimenticare tutto quello che ho imparato. Forse tornerò da voi"».
«È brutto alla mia età», dice don Remigio, «vedere ponti che si spezzano».

Alberto Bobbio